mercoledì 4 gennaio 2012

Fidel: vivo, morto o Twitter

Fidel Castro, dittatore di Cuba
Viviamo nell'era dell'informazione. Quante volte l'hai sentito dire? Ed è indubbiamente vero. Gli italiani di cinquant'anni fa, avevano un solo canale RAI, meno quotidiani e meno riviste. Al giorno d'oggi, i canali televisivi (terrestri e satellitari) sono centinaia, dei quali almeno una decina hanno un proprio telegiornale nazionale. Ma soprattutto c'è Internet, quel grandioso ed immenso calderone composto da milioni e milioni di pagine in tutte le lingue piene di immagini, video, storie, idee, notizie...

Già, notizie. Da quelle "istituzionali" delle agenzie di stampa e dei quotidiani a quelle fatte "dal basso" con blog e social network. Ed è Twitter il social network votato all'informazione per eccellenza. Grazie alla sua concisione e al numero di giornalisti che lo popolano, i cinguettii dedicati alle news si espandono alla velocità della luce e raggiungono ogni punto del pianeta prima ancora di essere verificati.

E' quello che è successo ieri, con la falsa notizia della morte di Fidel Castro. Una serie interminabile di retweet ha fatto finire il nome del dittatore cubano in cima alla lista dei trend topic. Qualche settimana fa era successa la stessa cosa con Paolo Villaggio. Questo vuol dire che Twitter e più in generale Internet non sono affidabili?

No, non lo sono. Come non sono affidabili i quotidiani e i telegiornali. Il problema non è il mezzo che diffonde le notizie, ma chi le scrive, cioè i giornalisti nel caso di TG e giornali. Ma nel caso di Twitter si parla anche di gente comune che non sente nessun obbligo di dover verificare le notizie che riceve. (Per la verità nemmeno alcuni giornalisti, ma non divaghiamo.)

Quindi come ci si difende? Esattamente come per gli altri media: scremando le fonti e scegliendo con cura a chi accordare più fiducia senza dimenticare mai che nessuno è infallibile. E' un procedimento lungo e faticoso quello si scegliere persone degne di fiducia nel marasma di Internet ma è assolutamente necessario per non retwittare qualsiasi strampalata segnalazione o falsa notizia. E perdere così ogni briciola di credibilità online.

Nel medioevo c'era l'ipse dixit. Alla fine del XX secolo è diventato "l'ha detto la televisione". Evitiamo che si trasformi in "l'ha detto Twitter".

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