lunedì 22 marzo 2010

Sei davvero libero di scegliere?

La prima volta che l'hai sentita, durante il festival di Sanremo, quella canzone non ti è sembrata niente di speciale, vero? Sì, tutto sommato orecchiabile ma ti piaceva di più quell'altra. Solo che "quell'altra", nell'ultimo mese non l'hai più sentita. Le radio non l'hanno mai passata. Hanno continuato invece a proporre tutti i giorni quella "niente di speciale". Così quel ritornello ti è entrato in testa al punto di canticchiarlo sotto la doccia o la sera all'uscita dal lavoro.

Le radio hanno scelto per te. Hanno deciso che cosa dovevi ascoltare e cosa no. Certo, scelta rispettabilissima, dato che ogni radio è libera di fare i suoi palinsesti e decidere liberamente cosa mandare in onda (sempre a patto che sotto non ci siano sotto accordi con le case discografiche). Ma intanto l'altra canzone ha subito un danno. Meno passaggi in radio significano anche meno vendite per il singolo e per l'album e significano anche meno "effetto traino" per i singoli successivi. Se poi si tratta di un artista emergente, questo può voler dire stroncargli la carriera sul nascere.

I dj delle radio insomma hanno la possibilità di condizionare le nostre scelte in campo musicale. Fino ad un certo punto, ovviamente. Un amante della musica pop, difficilmente diventerà un fan dei Metallica, nonostante la radio che ascolta abitualmente passi le loro canzoni due volte al giorno. Però all'interno dello stesso genere, le radio attuano uno spostamento pilotato dei gusti degli ascoltatori.

Provo adesso ad estendere il ragionamento ai conduttori di talk show politici. Come scriveva giustamente Aldo Grasso sul Corriere la settimana scorsa, Porta a Porta, AnnoZero e Ballarò spostano pochissimi voti da uno schieramento all'altro. Ma all'interno dello stesso schieramento?

Quanto conta, ad esempio, lo spazio dato a Di Pietro all'interno della trasmissione di Santoro. Quanti voti spostano gli strali di Travaglio dal PD all'Italia dei Valori? E quanto conta il fatto che alcuni partiti vengano sistematicamente esclusi da questi talk show?

All'indomani dell'approvazione del nuovo regolamento in materia di par condicio da parte della Commissione di Vigilanza, Floris aveva attaccato la nuova norma dicendo che nel suo programma lui aveva sempre invitato (e avrebbe continuato ad invitare) solo i politici "che contano" (come la Polverini? Quanto contava prima di venire ospitata a Ballarò?). Ma chi è che decide chi è che conta in politica? Gli elettori. E come si formano un'opinione gli elettori? Attraverso i talk show politici. Il cane che si morde la coda.

Quindi, se un partito non appare mai in televisione, è destinato a raccogliere percentuali misere alle elezioni e, di conseguenza, a non contare un gran che a livello politico il che si traduce, seguendo la logica di Floris, nel non venire ospitato nei talk show politici. (En passant, se fosse stata adottata questa tecnica nel 1994 con Forza Italia, adesso probabilmente non ci sarebbe bisogno di par condicio. Il rovescio della medaglia è che avremmo avuto Occhetto al governo.)

Ma c'è di più. Se è vero, come sostenuto da Furio Colombo, che agli ospiti di Ballarò viene chiesto se vogliono portarsi la claque, significa che tutte le idee espresse dai politici presenti, per quanto assurde, riceveranno comunque la loro dose di applausi in studio. E qui si innesca un meccanismo psicologico che porta il telespettatore medio a non pensare con la propria testa ma a fidarsi della gente che applaude. Un po' come le risate finte nelle sit-com americane, inserite in post-produzione per "contagiare" il telespettatore.

Almeno in campagna elettorale, è così scandaloso aspettarsi che tutti i partiti abbiano le stesse possibilità di accedere alla televisione e che tutti gli elettori possano formarsi liberamente la loro idea su chi votare?

PS: non ce l'ho né con Floris, né con Santoro. Mi da solo un po' fastidio che facciano le santarelline.

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