lunedì 26 marzo 2012

La crisi in Europa

Map of Europe di Samuel Rönnqvist, su Flickr
Quelle che seguono sono una serie di considerazioni su quello che ho capito a proposito dell'attuale situazione economica e finanziaria del vecchio continente. Quindi non è detto che quanto scritto qui sotto corrisponda alla totale realtà dei fatti.

Partiamo dalla Grecia. La situazione è disperata. Un po' (tanto) per colpa dei vari governi che si sono succeduti negli anni che hanno truccato i bilanci ed evitato di combattere l'evasione fiscale e portare avanti riforme serie; ma anche per colpa della Germania che ha imposto l'adozione di misure fortemente depressive in cambio di un aiuto economico insufficiente. I maliziosi pensano che queste misure siano state imposte esclusivamente per guadagnare tempo prima di un default che avverrà comunque; tempo che sarebbe dovuto servire alle banche (specialmente francesi e tedesche) per sbarazzarsi dei titoli di stato greci. In ogni caso, quella che fu la culla della democrazia è oggi a forte rischio fallimento, che, se dovesse diventare realtà, porterebbe un impoverimento spaventoso per la popolazione ellenica. Date però le ridotte dimensioni dell'economia greca, un suo eventuale default potrebbe avere un impatto limitato sull'euro e sull'Unione Europea in generale.

L'Italia non sta messa tanto meglio. Il nostro debito pubblico è ad un livello spaventoso ed il PIL è in calo. Le ultime due manovre (a firma rispettivamente di Tremonti e Monti) hanno tenuto sotto controllo i conti pubblici ma dal lato crescita si sono dimostrate disastrose. Attendiamo fiduciosi che la prossima denominata "Cresci Italia" tenga fede al suo nome, ammesso che ormai non sia troppo tardi. Anche la modifica dell'articolo 18, con la quale in questi giorni si sta baloccando il Governo, non aiuta affatto la ripresa dei consumi, anzi. Nel frattempo i mercati mantengono alto lo spread (cioè il differenziale di rendimento) tra i nostri BTP ed i corrispondenti Bund tedeschi, senza però infierire. Il problema è che se fallisce l'Italia (che è comunque la terza economia dell'euro-zona), i contraccolpi per l'Europa, e quindi per il mondo intero, rischiano di essere molto forti.

La Francia, con il suo presidente Sarkozy a termine mandato, è nella fase "vorrei ma non posso". Vorrei essere come la Germania ma la mia economia non è messa così bene quindi faccio finta di decidere insieme alla Merkel e fingo che vada tutto bene. E propongo la Tobin Tax, ovvero una tassa su ogni transazione finanziaria che, se non applicata nel resto d'Europa, rischia di far scappare gli investitori con un effetto depressivo sull'economia francese (e quindi mi sorge il dubbio che si tratti solo di una sparata pre-elettorale). In ogni caso, l'economia francese è già sotto osservazione da parte delle agenzie di rating che si sono accorte della sovraesposizione delle banche francesi nei confronti della Grecia; il tempo di cui sopra evidentemente non è stato sufficiente.

Il Regno Unito senza la city di Londra ha un'economia molto inferiore alle altre grandi nazioni europee e questo Cameron lo sa bene. Applicare la Tobin Tax a tutte le transazioni del vecchio continente vorrebbe dire azzoppare la prima fonte di reddito dell'Inghilterra; quindi non se ne parla proprio. Per il resto il governo conservatore cerca di tenersi più distante possibile dall'influenza della Merkel.

La Germania apparentemente è quella messa meglio. Alcune delle ultime aste per i buoni del tesoro a breve scadenza (equivalenti ai nostri BOT) si sono concluse con rendimenti addirittura negativi. Vuol dire che c'è gente che crede che l'euro-zona sarà scossa da una serie di default a catena che faranno uscire la Germania dalla moneta unica per tornare al marco. Quindi preferisce perdere un po' di soldi regalandoli alla Merkel piuttosto che perderli tutti nel caso qualcuno dei PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) fallisca. Ma questa prospettiva, a mio avviso, è abbastanza improbabile. La Germania è un forte esportatore in Europa favorito dalla moneta unica e dal mercato unico; se sempre più paesi sono in recessione, diminuiranno le loro importazioni tout court e quelle dalla Germania in particolare. L'eventuale uscita dall'euro dei nostri amici teutonici con la creazione di un super-marco poi sarebbe ancora più controproducente per le esportazioni tedesche, visto che con un euro fortemente indebolito, acquistare dalla Germania non sarebbe conveniente. Finora ai tedeschi è andata bene perché sono riusciti a compensare la diminuzione delle esportazioni verso l'euro-zona con l'aumento verso i paesi emergenti favorito dal deprezzamento dell'euro, deprezzamento dovuto ai problemi economici dei PIIGS. Inoltre, anche le banche tedesche hanno in portafoglio un bel po' di titoli di stato greci (anche se meno di quelle francesi) che di certo non dovrebbero aiutare il governo di Berlino a dormire sonni tranquilli.

In definitiva, l'Europa nel suo complesso ha un solo grande problema: ha una moneta unica ma non ha una politica economica unica. Così come è accaduto con la politica estera ai tempi dell'attacco all'Iraq, anche in ambito economico il vecchio continente mostra tutta la sua fragilità di accozzaglia di stati (e capi di stato) egocentrici ed opportunisti. E fintantoché non si toglierà il potere decisionale in materia di esteri e finanze ai singoli stati, l'Unione Europea continuerà ad essere un nano politico e finanziario, in balia della speculazione e degli interessi a breve termine di qualche cancelliere.

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