martedì 21 giugno 2011

La crisi

246/365 - They all fall down« La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. » Questo aforisma, attribuito a Karl Marx, rappresenta in maniera perfetta la genesi della crisi economico-finanziaria che dal 2008 sta colpendo il mondo industrializzato. L'inizio di tutto risale addirittura al 2000, quando, in piena campagna elettorale, George W. Bush lanciò lo slogan "una casa per ogni americano". Obiettivo ambizioso, ragionevole ed etico, si dirà. Ed invece proprio quella frase, come il primo tassello di un domino lungo otto anni, diede il via ad una serie di eventi che culminarono nella più grande crisi economico-finanziaria che la storia ricordi, almeno da ottant'anni a questa parte.

Infatti, se il Presidente dice che ogni cittadino deve possedere una casa, le banche si sentono in dovere di finanziarla. Ma per erogare mutui a tutti gli americani, anche quelli che non hanno i requisiti, bisogna rischiare. "Tanto, cosa vuoi che succeda?" avrà pensato qualche banchiere. In fondo, c'è sempre l'uomo più potente del pianeta che può intervenire.

Dall'economia alla finanza

Tuttavia, come è logico che sia, la fonte principale per rientrare dei soldi prestati devono essere i contraenti stessi. Ecco quindi che le banche offrono dei mutui con rate iniziali molto basse per invogliare i clienti (addirittura qualche banchiere inventò le rate a tasso negativo, ovvero, talmente basse da non riuscire nemmeno a coprire gli interessi sul mutuo), rate che poi col passare dei mesi diventano insostenibili. Tanto, se il cliente non riesce a pagare, gli si pignora la casa e la si mette all'asta. Qualcuno per comprarla si trova sempre, no?

I banchieri più furbi hanno subito pensato a come trarne profitto. Alto rischio uguale alto rendimento, così funziona in borsa. Ecco allora trovato il modo di trasformare possibili perdite in enormi profitti: le assicurazioni sui mutui concessi a chi non ha tutte le carte in regola (denominati subprime, ovvero sotto la prima scelta) diventano pacchetti azionari ad alto rischio da smerciare alle banche di tutto il mondo, Europa in testa.

Il crollo

Il sistema regge abbastanza bene, almeno finché le rate dei mutui vengono pagate dalla maggioranza degli americani. Ma quando sempre più contraenti non riescono a saldare il proprio debito con le banche, il sistema entra in crisi. Le case pignorate e rimesse all'asta rimangono invendute perché nessuno vuole (o può) più comprarle.

Non appena si diffonde la voce della crescente insolvenza, tutti quelli che avevano acquistato le azioni collegate ai mutui subprime si ritrovano con un pugno di mosche. Le banche d'affari (sia americane che europee) che avevano accumulato quei titoli (definiti, col senno di poi, tossici) si ritrovano con perdite colossali.

E l'Italia?

All'Italia va un po' meglio, perché i nostri banchieri all'amatriciana, dopo essersi scottati con i bond argentini e le obbligazioni Cirio, forse ci hanno pensato due volte prima di accumulare titoli troppo rischiosi. O forse, più semplicemente, perché il sistema bancario italiano, dopo la morte di Enrico Cuccia, si è talmente chiuso su se stesso da rimanere fuori dai grossi giri d'affari internazionali

Ma le ripercussioni si sono sentite anche qui. Probabilmente qualche banca ci ha comunque rimesso dei soldi, ma non è per questo che gli istituti di credito nostrani hanno alzato i paletti per concedere mutui. E' stata la paura a frenare i mutui: la paura che anche da noi i contraenti potessero diventare insolventi.

Ma quello che ha causato la crisi in Italia dipende sempre dall'estero: il nostro paese è un grande esportatore di beni, ma se all'estero diminuisce la disponibilità economica dei consumatori, i posti di lavoro saltano anche qui, come in un immenso domino.

Come ne sono uscite le banche

Nel frattempo, le banche americane più esposte hanno dichiarato bancarotta (tra queste la più famosa è sicuramente la Lehman Brothers). Le altre invece hanno beneficiato degli aiuti governativi e per recuperare parte delle perdite hanno concentrato i loro investimenti sulle materie prime, in special modo petrolio e grano. Questo naturalmente ha causato un generalizzato aumento dei prezzi aggravando ulteriormente la situazione di molte famiglie.

Quando finirà?

Bella domanda. Non sono concordi nemmeno gli economisti più quotati, figurati se posso dare una risposta io. Posso solo azzardare qualche ipotesi. Non ci sarà una ripresa veloce e immediata per tutti. Alcuni settori hanno già ricominciato a crescere, altri continueranno a vivacchiare per anni, in attesa che un'altra crisi li stronchi definitivamente.
Bisogna comunque tenere presente che in molte parti del mondo (Cina in testa), la crisi non c'è mai stata.

Può capitare di nuovo?

Ne sono quasi certo. Specialmente per l'Italia, qualsiasi flessione economica anche non di livello planetario, può portare alla recessione. I motivi sono molti: dal corporativismo all'enorme debito pubblico, dalla mancanza di fondi per la ricerca alla quasi totale assenza di meritocrazia. In un sistema già fortemente compromesso come quello vigente nel nostro paese, ogni piccola perturbazione dall'esterno può avere effetti catastrofici.

Ma nemmeno il resto del mondo può ritenersi al sicuro. Grazie ad Alan Greenspan, a lungo presidente della FED, le banche hanno potuto operare senza alcuna regolamentazione: i già citati titoli tossici venivano legalmente scambiati in un mercato over the counter, cioè privo di controlli e di trasparenza. Finché a livello internazionale non verranno introdotte regole ferree e controlli sistematici, un nuovo cataclisma finanziario sarà non solo possibile ma addirittura inevitabile.

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